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ROMA CAPITALE

Informazioni ed articoli tratti dalla rivista "Romanità" n° 457 - Numero speciale per il 150° dell'Unità d'Italia


 
1849  LA REPUBBLICA ROMANA

Anche se con la data del 17 marzo 1861 è stata ufficialmente dichiarata la nascita dell'unità d'Italia, va comunque sot­tolineato che, senza l'annessione di Roma, essa non poteva considerarsi completata. Già in diverse circostanze pre­cedenti la Città Eterna aveva tentato di affrancarsi dallo Stato Pontificio, ma l'unica volta che vi riuscì fu nel 1849. In quell'anno, infatti, Pio IX, rimangiandosi la promessa di modificare alcuni articoli della Costituzione da lui con­cessa nel '48, pronunciò le storiche parole: "Nonposso, non voglio, non debbo!", che incrinarono definitivamente il buon rapporto che aveva con i suoi sudditi.

Questi ultimi, guidati dal popolano Angelo Brunetti detto Ciceruacchio, scesero subito in piazza scatenand una violenta manifestazione, che costrinse il Papa a trovare rifugio a Gaeta. E così, l'8 febbraio 1849 nacque la Repubblica Romana, proclamata da un'assemblea costituente e guidata da un triunvirato, composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, che dichiarò decaduto il potere temporale e impose la confisca dei beni ecclesiastici.

Pio IX, allora, invocò l'intervento dei grandi stati europei di matrice cristiana per tornare, con il loro aiuto, al timone dello Stato Pontificio. Napoleone III rispose immediatamente all'appello inviando a Roma un gran numero di soldati ben equipaggiati e pronti ad annientare la resistenza degli sparuti difensori della neonata repubblica, guidati da Giuseppe Garibaldi.

Il 29 aprile iniziarono le prime schermaglie sotto i muraglioni gianicolensi. Ma la battaglia più cruenta contro le truppe francesi, alle quali si erano nel frattempo aggiunte quelle borboniche di Ferdinando II, si svolse nella parte alta del Gianicolo.

Malgrado i numerosi episodi di eroismo da parte degli oltre duemila patrioti arrivati da ogni angolo della Penisola in soccorso della Repubblica Romana, e dei seicento bersaglieri capitanati da Luciano Manara, la coalizione nemica ebbe facilmente il sopravvento. Tra i tanti valorosi che persero la vita negli scontri spiccano i nomi dello stesso Manara e di Goffredo Mameli, autore del nostro inno nazionale.

Insieme a loro va ricordato anche il piccolo Righetto, che, alla testa di un gruppo di eroici ragazzini, spegneva le micce delle bombe nemiche prima che queste esplodessero, fino al malaugurato giorno che una di esse gli scoppiò tra le mani. Amareggiati per la sconfitta, Garibaldi e i patrioti superstiti si allontanarono dalla Città Eterna, pronti, però, a operare un nuovo tentativo alla prima occasione favorevole.

Un cronista dell'epoca, Carlo Rusconi, in un suo scritto riporta un dialogo da lui inteso a Trastevere non appena Ciceruacchio corse ad avvertire la popolazione della fuga del Papa. Fu poi fucilato dalle guardie papaline onsieme ad altri eroi del popolo romano.

MORTE DI CICERUACCHIO

"Sei ommini, un prete e un ragazzino so' messi in fila addosso a uno steccato, uguali a li pupazzi ner mirino de quarche schioppo che je sta' puntato. La vita va braccetto cor destino. Ciceruacchio more da sordato! mostranno er petto ignudo ar su nemico co una grintaccia da romano antico."

da "Ciceruacchio" di Claudio Sterpi


1867 - LA SFORTUNATA IMPRESA DEI PATRIOTI ITALIANI

La difesa del "Vascello"

Convinti che i tempi fossero ormai maturi i patrioti italiani, guidati da Giuseppe Garibaldi, tentarono di nuovo di conquistare di Roma. Settanta di loro, con i fratelli Cairoli in prima fila, furono dispersi a Villa Glori. Un altro gruppetto di combattenti romani, asserragliati nel lanificio Ajani, furono massacrati dai papalini, che non risparmiarono neppure Giuditta Tavani Arquati, benché fosse incinta. L'Eroe dei Due Mondi fu sconfitto a Mentana dalle truppe francesi armate con i modernissimi e micidiali fucili "chassepot".

Il ferimento di Luciano Manara

Morte di Enrico Cairoli all'ombra dello storico Mandorlo

 FRATELLI CAIROLI


Doppo er tradimento
de la scarica, appena inteso er botto,
Righetto e Giovannino in quer momento
cascorno, sarvognuno, a bocca sotto.
Dice ch'allora, mentre er reggimento
scappava giù per prato, sette o otto
che li veddero, senza sentimento,
tornorno addietro e je riannorno sotto.


E Giovannino in mezzo a quer macello,
sporco de sangue, intanto che menavano,
cercò cor petto de coprì er fratello.
Ma doppo la difesa disperata,
intanto che le truppe riscappaveno,
cascorno giù fra l'erba insanguinata.


da "Villa Gloria" di Cesare Pascarella

 


1870 - LA BRECCIA DI PORTA PIA - ROMA CAPITALE

A seguito della deludente spedizione del 1867, Garibaldi decise di ritirarsi ma ilgoverno italiano si rese conto che senza Roma l'Italia sarebbe rimasta una nazione mutilata e così il 20 Settembre 1870, le truppe  italiane entrarono nella Città Eterna, attraverso una breccia aperta a Porta Pia dopo una breve schermaglia con i soldati pontifici. L'anno successivo con un plebiscito, Roma divenne la Capitale d'Italia.

 


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